venerdì 24 luglio 2009

BACK IN TIME: ABOMINATION, "TRAGEDY STRIKES" (NUCLEAR BLAST- 1991)

Il 2 agosto del 1990 il presidente iracheno Saddam Hussein invade il vicino Stato del Kuwait in nome di un'antica ma infondata pretesa di Baghdad di recuperare un territorio che sarebbe stato iracheno. L’Onu con a capo gli Stati Uniti, dopo un vano ultimatum, dichiarerà guerra al dispotico sovrano mediorientale.
E’ la Prima Guerra del Golfo.

Paul Speckmann nel 1990 è un’artista che di inquietudini ed ombrosi conflitti se ne intende.
Non a caso nel 1984 aveva fondato i Master band che getterà le basi di tutto quello di morte e putrefazione verrà fuori, in seguito, dal metal americano.
Non gli basta.
Nell’osservare in Tv il conflitto iracheno sente quasi una spinta visionaria ed apocalittica.
Non conosce ancora il termine “Terrorismo Globale”, che verrà fuori dai notiziari solo un decennio dopo ma avverte un pericolo incombente, un mostro dai mille tentacoli che potrebbe distruggere tutte le certezze dell’”American Dream.”
Investito da una fretta, quasi diabolica, mette insieme un Power-Trio con Aaron Nickeas alla batteria e Dean Chioles alle chitarre e compone un disco che già solo dalla copertina mostra quella che sarà l’immagine cardine di tutto il ventunesimo secolo: un palazzo in fiamme ( che rimanda terribilmente all’attacco delle Twin Towers Newyorchesi)
La musica: un impasto potente e ipnotico di Thrash metal americano e parti strumentali al limite del Prog più sulfureo
“Blood for oil”, il primo pezzo, è la canzone chiave dell’intero disco.
Un carrarmato inarrestabile di riff e cambi di tempo accompagnati dalle angosciose litanie di Speckmann che si avvale nei cori di inediti ed orrorifici effetti vocali:
“Will trade our blood for oil
Until our hands have been soiled
Civilians, pawns and kings
Will pay the penalty”.
E’ la distruzione di massa che tanti romanzieri racconteranno in 1000 modi differenti.
E ancora:
“Countless bodies, piles of ashes
Severed mortar, wasteful clashes
Is the worth the whole disasterIs the life,
we're dying faster”.
Corpi massacrati, stritolati, straziati dalle fiamme: è l’apocalisse del 11 Settembre cantata ben dieci anni prima.
Una sola certezza: moriremo velocemente!
“They’re dead” è la continuazione musicale/concettuale del pezzo precedente con aggiunte forti divagazioni strumentali.
“Pull the plug” è l’Hc dei Discharge applicato alle fughe melodiche dei Metallica.
“Will they bleed” è l’attesa prima del conflitto finale, quello che non lascerà prigionieri ma solo cadaveri sanguinati. Speckmann, Nostradamus “fumato” del ventesimo secolo, predice la sua visione di morte rivolgendosi ai suoi stessi fratelli: i vivi che saranno morti.
“Industrial Sickness” è la descrizione di un mondo post-atomico ( o post 11 Settembre) fatto di barbarie e tecnologia anti-umana. Musicalmente, attacco Punk/Hc e virata Thrash/Power Metal ( come un po’ tutto il disco).
“Kill or be killed” è un pezzo strumentale che nulle toglie e nulla aggiunge a quello già detto in precedenza.
“Oppression” è la degna conclusione ad un disco cupo e dalle visioni inquietanti. Sfuriata al limite del Death Metal più marcio e putrido.
Ancora morte, ancora predizioni al limite dell’eresia.
Paul Speckmann aveva visto troppo.
Non a caso dopo questo disco la sua carriera, seppur lunga, non toccherà le vette concettuali/strumentali di “Tragedy Strikes”.
Tutto finisce, prima o poi.
Recensione pubblicata originariamente sul sito di Debaser:

Nessun commento: