venerdì 29 gennaio 2010

UNA VILLA ANTICA COME CENTRO DI CULTURA ITALIANA A NEW YORK: "CASA BELVEDERE"

- L’ideatrice del progetto, Gina Biancardi Rammairone è originaria del Salernitano.

- Articolo di Eduardo Vitolo orginariamente pubblicato sul quotidiano IL ROMA-

Ha coronato il sogno di una vita.
Gina Biancardi Rammairone, italoamericana di “prima generazione”, nata nel Bronx da genitori originari dell’Agro Nocerino Sarnese, ha presentato di fronte al Consolato Generale d’Italia di Park Avenue, un progetto ambizioso e fortemente voluto: “Casa Belvedere – The Italian Cultural Foundation.”

Una fondazione non a scopo di lucro, che nel 2011 diventerà un punto di riferimento per la cultura italiana a Staten Island e non solo.
I primi passi nel 2008, quando Gina Biancardi, acquista (al prezzo stratosferico di $ 3,6 Milioni di Dollari) insieme al marito, Luciano Rammairone, una bellissima dimora in stile neorinascimentale toscano, costruita nel 1908. Si tratta di una delle poche ville ancora in piedi a Staten Island dopo le speculazioni edilizie degli anni precedenti.

L’idea è quella di creare un vero e proprio polo di diffusione, spaziando dall’architettura alla storia, dalle tradizioni locali al folclore.
“Casa Belvedere”, dice la nostra raggiante compatriota, “e' una fondazione creata per divulgare tra gli italo americani, specialmente nella ultima generazione, tutto ciò' che di positivo si può trovare in Italia cancellando quella falsa immagine che ci vede portatori di attività illecite e mangiatori di spaghetti. La casa si sviluppa su più piani e uno di esso ha a disposizione otto stanze dove avremmo in mente di ricreare un ambiente rappresentativo di ciascuna Regione Italiana che si mostrerà interessata a questo progetto. Tutto ciò sarà permanente, quindi con una donazione, ogni regione avrà, per sempre, una divulgazione con sicuri benefici dal punto di vista turistico e di conoscenza. Fermo restando che tutta la casa e' totalmente riservata all'Italia confido che non soltanto le regioni contribuiscano, ma che ci sia anche un interessamento da parte del governo italiano". Davanti al Consolato, nelle persone di Maurizio Antoni e Giovanni Favilli, la business woman ha presentato il suo progetto che prevede diversi interventi di ristrutturazione e riqualificazione. I lavori saranno affidati a degli architetti, sempre di origine italiana: lo studio Rampulla.

Con l’apertura, la fondazione si rivolgerà primieramente ai giovani, presentando vari progetti didattici tra cui corsi d’italiano, la scienza culinaria e attrezzando un teatro e un’enoteca di alto livello.

L'obiettivo per l'inaugurazione delle attività di "Casa Belvedere" è stato fissato all'autunno 2011.

“Ovviamente,” conclude Gina, “diventa a questo punto fondamentale la partecipazione della comunità di Staten Island per sostenere la fondazione. Contribuendo si diventa "soci" di "Casa Belvedere. È come appartenere ad un prestigioso club ma avremo ovviamente sempre tantissime attività aperte alla libera partecipazione di tutta la comunità".

Gina non è nuova a queste imprese: La comunità italiana è sempre stata presente nella sua vita. Da giovanissima fonda insieme ad altri membri FIERI una associazione di ragazzi italo-americani assurta ormai ad importanza nazionale. Ancora oggi funge come coordinatrice degli ex allievi e partecipa al comitato consultivo. Per la sua dedizione Gina ha ricevuto numerosi riconoscimenti dall' organizzazione come il “FIERI International Award”, “Membro dell' Anno” e “The Alumni Award”.

Inoltre parla e scrive correttamente la nostra lingua e visita regolarmente lo “stivale” e le zone natie, insieme alla sua numerosa famiglia, non solo per incontrare gli anziani genitori e i parenti ma soprattutto per “assorbire la cultura italiana”.
Casa Belvedere è il risultato di tanto entusiasmo e “amore patrio”.
Complimenti.
Per info:
http://www.casa-belvedere.org/

mercoledì 27 gennaio 2010

BAD VISIONS: COPERTINA "EPIX" IN ANTEPRIMA ASSOLUTA

E' con grande soddisfazione e un pizzico di orgoglio che presento ( in anteprima assoluta anche del Blog di Urania) ai miei lettori la copertina del nuovo romanzo "Epix" di Danilo Arona, intitolato "BAD VISIONS".
Il volume comprenderà due romanzi brevi: "LA STAZIONE DEL DIO SUONO", che già uscì per Larcher Edizioni nel 2004, e "BLUE SIREN", che è il sequel naturale di "MELISSA PARKER E L'INCENDIO PERFETTO", già recensito ( entusiasticamente) dal sottoscritto a questo link:
http://ilmondodiedu.blogspot.com/2008/07/un-libro-che-non-fa-dormire-la-notte.html

Ecco le sinossi:
LA STAZIONE DEL DIO SUONO:
Esistono luoghi sulla Terra carichi di potere malefico nati dall'intersezione delle linee di energia che percorrono il pianeta. Uno di questi è Piano Orizzontale, paese situato sull'Appennino Ligure nei pressi del Passo dei Giovi. Qui, all'interno di una casa costruita davanti alla vecchia stazione ferroviaria, un gruppo di infernali vecchietti viene a celebrare la “Veglia”: per tutta la notte essi improvviseranno una narrazione, a turno, ricamando storie del terrore. E la realtà immaginata, grazie all'Oscura Energia, diventa realtà vera. L'infernale e mostruoso dee-jay MixMaster Soul celebra un rave immondo e mortale; un misterioso treno fantasma transita su un invisibile binario che collega l'Italia a Ibiza; il maligno serial killer Dragan Tomor, detto “Tulpa”, colleziona farfalle umane; un sinistro spaventapasseri prende vita. Realtà e incubo si confondono....
BLUE SIREN:
Quale pazzesco legame intercorre fra il racconto “Giro di vite” dello scrittore inglese Henry James e una droga chiamata Blue Siren, spacciata nottetempo nelle discoteche italiane? Qual è l'orrenda visione che percepiscono gli sfortunati nightclubber prima di schiantarsi alla terribile “curva della Sirena”? Quale terribile segreto tentavano di scoprire i due antropologi italiani scomparsi nella foresta amazzonica nel settembre del 2006? Chi sventra donne incinte a Bassavilla per sottrarre loro i feti? Una coppia di investigatori dell'occulto sulle tracce della più inquietante catena di morte mai ordita dalle tenebre...

martedì 26 gennaio 2010

"IL CARISMA ARTISTICO E' STATO DISTRUTTO!": INTERVISTA A CLAUDIA SALVATORI


Claudia Salvatori non le manda certo a dire.
Leggendo il titolo di questa intervista ( e ringrazio vivamente l'Autrice per la gentilezza dimostratami) e le bordate satirico/sociali presenti in "Abel" ( recensito positivamente poco più giù in questo blog) mascherate da Fiction Horror/Thriller, il messaggio che ne viene fuori è quantomeno palese:
si va incontro ad una massificazione di intenti e idee che potrebbe portare verso una strada di non ritorno.
L'isterismo ,l'insoddisfazione, la rabbia, che aleggiano su tutto il mondo editoriale ( e non solo..) sono un campanello d'allarme evidente, chiaro, assordante.
Bisogna guardare dentro le nostre coscienze e chiederci se non siamo noi i primi responsabili di tutto questo.
Se l' Arte ( quella con la A) non stia divenendo (ai nostri occhi) come un panino di Mcdonald o una serata di Ramino.
La Salvatori, con coraggio mirabile, ha lanciato un tema scomodo, controverso, frustrante.
Sta alla sensibilità di ognuno carpirne la parte sana e agire di conseguenza.
Take care!

Partiamo con una curiosità tutta personale: “Abel” è il suo primo romanzo per la collana Epix Mondadori. Una collana tematica dalla distribuzione limitata nel tempo. Quali sono i pregi e i difetti di questo tipo di pubblicazione?

Il pregio è la possibilità di raggiungere un vastissimo numero di lettori su tutto il territorio nazionale, compensato dal difetto di un periodo di distribuzione limitato nel tempo. Le vendite del libro distruibuito a basso costo su questo tipo di mercato sono in media più alte rispetto a quelle dello stesso libro in libreria. C'è da dire che solo in Italia abbiamo questo tipo di separazione fra libri da edicola e/o da libreria. Secondo me queste collane Mondadori sono ottime palestre per professionisti.

Nella recensione allegata a questa intervista ho definito “Abel” come un Horror sociale citando anche altri romanzi del 2009 “inseribili” nello stesso filone. Si trova d’accordo con la mia ipotesi o rivendica una "unicità" del suo prodotto letterario?
No, nessuna unicità: le idee sono nell'aria, e le percezioni dei diversi stati di cose appartengono a tutti i creativi con i sensi all'erta. Caso mai, se i colleghi mi permettono un po' di vanità, a volte ho anticipato certe tendenze, come per esempio nel caso del thriller erotico degli anni '90. Abel era nato nei primi anni '90 come progetto per un fumetto. Realizzandolo in forma narrativa, dopo le ultime e più amareggianti nvoluzioni sociali e di costume, ha acquistato più spessore, credo.

Rimanendo in tema sociale ho notato dei messaggi ben precisi che toccano un po’ tutte le problematiche attuali: dalla politica, al gossip, dalla povertà alla corruzione fino al cancro della pedofilia. Possiamo parlare anche di satira sociale (incattivita) per definire “Abel”?

Sicuramente c'è anche questo. Abel è un esperimento verso una fusione di generi: thriller, horror, erotico, commedia, dramma... non ancora la formula esatta, ma un risultato interessante. C'è un'illustre tradizione di fantascienza sociologica, su cui innesto il mio temperamentomoralista. La satira si scatena quando mi trovo alle prese con il nostro mondo e la nostra epoca, come mi è accaduto ne "Il sorriso di Anthony Perkins". Non riesco assolutamente ad affrontare i mostri contemporanei con un tono intimista e commosso. Ci vogliono immedesimazione e indulgenza per amare i mostri contemporanei, e forse a me manca l'umiltà. E' un bene che sia passata al romanzo storico, perché mi permette a mettere in scena personaggi che posso amare e ammirare. Ma d'altra parte questo apre un problema: come realizzare un genere totale al presente senza scivolare (troppo) nella satira?

Il tema della Decadenza umana e dell’Apocalisse sembra essere un topos ricorrente nella letteratura e nel cinema del nuovo millennio. Perché gli artisti come lei sono attratti dalla “fine di tutto”? Semplice intuizione letteraria o qualcosa di più profondo?

Qualcosa di più profondo. E' vero che un sentimento della fine di tutto è sempre stato vissuto a livello di coscienza collettiva, ma non ci siamo mai trovati a vivere una simile situazione storica: crisi energetica, nuove epidemie, paranoia, assenza di futuro per i giovani. Niente più terre da esplorare, niente più Dio, niente più Amore, niente più Arte (siamo tutti artisti adesso, ma non è la salvezza). Viene da pensare che questo pianeta stia per esplodere. Viene da pensare all'estinzione della specie umana, a meno che non si trovi l'aggancio che conduca a una nuova evoluzione.
C’è una parte del libro che mi ha molto colpito. La riporto per intero: “L’umanità di prima, del Pensiero Estremo, ha cercato di farsi simile ai mostri, colpita dall’epidemia di una creatività coatta e maniacale. Oggi, su dieci essere viventi,sette sviluppano aspirazioni artistiche; gli altri tre le svilupperebbero se non soffrissero di scarsa autostima.” Mi sembra una frase “brutalmente” attuale. Le chiedo di commentare…

Su questo argomento potrei essere ancora più brutale, perchè lo patisco direttamente ed è una delle mie ossessioni. Viviamo una situazione paradossale: da un lato il carisma artistico (come ogni altro carisma) è stato distrutto; dall'altro lato, ci sono sempre più persone che desiderano diventare scrittori. Viene da domandarsi che cosa si prefiggono, cosa sperano di ottenere, se lo scrittore ha perduto il suo prestigio, il suo ruolo sciamanico di coscienza di una collettività. Il mito dell'artista maledetto nella società borghese deve esercitare ancora un forte fascino; oppure è il mito americano dell'autore di bestseller ad attirare. Fantastichiamo di diventare l'uno o l'altro, e non vogliamo tenere il conto dei costi che la condizione di artista comporta. In ogni modo non vorremmo mai pagare. Come siamo arrivati a questo punto? Nelle strutture sociali del passato, per quanto ingiuste, l'arte era verticale: pochi individui cristallizzavano in sé l'esperienza di un popolo o di una generazione. Era quello che si chiamava vocazione, o destino. Il livello era alto perché molti dovevano rinunciare per permettere a pochi di rappresentare tutti. Oggi abbiamo un'arte orizzontale, dissacrata ma snob, collettiva e cacofonica. Il risultato è un popolo di artisti part-time motivati più che dalla spinta a scrivere (o dipingere, fare film ecc.) dal bisogno di sognare di essere artisti, per fuga, per sofferenza, per problematiche non risolte, per un malinteso obbligo di realizzazione. Le conseguenze: confusione, derealizzazione, impotenza, disperazione, un livello sempre più basso di qualità (perché sforzarci se se siamo già tutti geniali?), lo scontrarsi di tanti immensi ego creativi che reclamano attenzione, dove nessuno è disposto a darne (non esiste più critica letteraria, siamo troppo occupati a essere geniali per imparare dal lavoro di altri). Con tutto questo non c'è maggior giustizia, le pari opportunità per tutti sono ancora un'illusione, e permane una specie di selezione nella corsa al successo, più insidiosa perché i criteri applicati sfuggono, sfumano nell'ambiguità. E il futuro? Forse un giorno non ci saranno più scrittori, ma solo fiction interattive. Oppure avremo una forte rinascita artistica, e in quel caso qualcuno dovrà pur tornare a svolgere lavori "normali e poco gratificanti". Io ci starei, anche se toccasse a me tornare a lavorare.

La colonna sonora di Abel , sorprendentemente, è un solo brano: un tormentone degli anni 70, “Disco Inferno”. Metafora di una massificazione di gusti ormai inarrestabile o semplice ispirazione?
Semplice ispirazione, o piuttosto nostalgia. E' stata la canzone di una tagione della mia giovinezza, quando tutto era ancora fresco, vivo e possibile.
Un’altra curiosità: “Abel”avrà un seguito? Sempre su Epix Mondadori?

Abel è stato concepito seriale; spero che ci sarà un seguito, non so quando...

Visto che è un‘Autrice molto prolifica le chiedo di darci qualche anticipazione sulle sue future pubblicazioni?

A fine febbraio uscirà in libreria "Il mago e l'imperatrice", sottotitolo "Il volto nascosto di Messalina", un romanzo storico del ciclo Il romanzo di Roma (Mondadori omnibus).
Sono già usciti "Il ribelle" di Emma Pomilio, sulla fondazione di Roma, e "Carthago", di Franco Forte, sulle guerre puniche.

Grazie mille.

lunedì 25 gennaio 2010

JOSEPH SHERIDAN LE FANU - L'OSPITE MALIGNO/LA STANZA AL DRAGON VOLANT ( GARGOYLE - 2009)

Nel 1939, August Derleth (autore non eccelso di storie tra il Gotico e l’Horror, nato nel Wisconsin trent’anni prima) fondò una casa editrice, la “Arkham House”, col fine dichiarato di pubblicare opere di “Classici perduti” della Letteratura del Terrore.
L’obiettivo non era solo quello di preservare le opere del suo stimato amico “di penna” H. P. Lovecraft, ma soprattutto quello di recuperare una rosa di autori dimenticati nel tempo, in modo da proporli al distratto pubblico americano.
Tra questi, spiccava il nome di Sheridan Le Fanu.
Derleth ebbe l’acume ma anche la furbizia di definirlo in fase promozionale come “l’equivalente britannico di E. A. Poe”.
Fu un azzardo bello e buono, visto che in quel periodo giravano pochi libri dell’autore irlandese e non erano assolutamente di argomento Fantastico.
Il risultato fu eclatante:
la riscoperta di un vero e proprio capostipite della Letteratura Gotica Inglese e non solo.
Curioso come la Gargoyle a distanza di settant’anni esatti ( siamo nel dicembre del 2009) decida di pubblicare due romanzi brevi dello stesso autore e praticamente sconosciuti al pubblico italiano.
Curioso ma significativo.
Ci arriveremo…
Le due opere in questione prendono i titoli di: “L’Ospite Maligno” e “La stanza al Dragon Volant”.
Scansiamo subito gli equivoci: non si tratta di Letteratura Gotica propriamente detta.
Non si tratta delle avventure nel mondo dell’occulto del Dottor Hesselius ( personaggio creato da Le Fanu e antesignano dei famosi indagatori dell’incubo degli anni a venire..) tra fantasmi notturni e demoni da esorcizzare.
E se ci sono legami con il suo capolavoro immortale, “Carmilla”, non sono facilmente inquadrabili e sicuramente non riferibili al “Vampirismo Sessuale” che tanto ha influenzato gli autori moderni dalla Rice in poi.
“L’Ospite Maligno” tra i due è sicuramente quello che più si accosta alla tipologia di storia del mistero dalle atmosfere cupe e crepuscolari.
E’ lampante come Le Fanu abbia incamerato e reinterpretato a suo gusto, l’influsso di un’opera totalizzante e potente come “Il Castello di Otranto” di Horace Walpole.
Quindi una storia d’interni.
Di ombre e camere dei segreti.
Di sospetti e terribili paure.
La dimora di Richard Marston, nobile decaduto è la quint’essenza del Gotico stesso.
Ma se i fantasmi affollano i corridoi bui della tetra e melanconica casa Marston, non sono certo presenze ectoplasmiche come quelle narrate da Blackwood o da James.
Bensì sono gli spettri della colpa, del tradimento, del peccato, della finzione, della follia e (come in tutti i romanzi Mystery che si rispettino) della Morte.
L’ambigua presenza dell’istitutrice francese Eugènie de Barras, può essere considerata a tutti gli effetti come un”eroina negativa” alla Le Fanu e in questo assimilabile a “Carmilla”.
Torbida, seducente, sfacciata, indipendente, crudele farà ruotare intorno alla sua scomoda persona, una serie di accadimenti e disgrazie che comunque non la renderanno immune da una terribile rovina.
Rovina:
una sensazione che già aleggia, in tutto il racconto, sul capo della povera famiglia Marston e che ha molti punti in comune con le novelle più famose di Poe ( e su questo Derleth aveva ragione da vendere).
“La stanza al Dragon Volant” potrebbe essere un romanzo di “Cappa e di Spada” se Le Fanu non fosse un personaggio profondamente notturno e tormentato.
E allora le avventure del giovane e ricco Richard Beckett in viaggio verso Parigi assumono toni ombrosi e inquietanti ma anche languidi e stuzzicanti.
Come avrete già capito, c’è sempre di mezzo una donna, misteriosa e bellissima.
E se come diceva Dostoevskij,” La donna? Solo il diavolo sa cos’è ”, allora state pur certi che le azioni del nostro protagonista subiranno un’impennata romantica e passionale.
Purtroppo, al contatto con un essere tanto diabolico e calcolatore ( in questo simile all’Istitutrice Francese del racconto prendente) come la Contessa St. Alyre, il nostro eroe, ingenuo ma coraggioso, dovrà mostrare ben altro che un cuore innamorato e puro per poterla sopraffare.
Insomma un’altra eroina, figlia degenere di “Carmilla”.
Da segnalare in questo racconto, il tema della catalessi e della sepoltura prematura, topos letterari molto cari ad E. A Poe ( di nuovo lui!), i quali vengono riproposti in maniera leggermente diversa ma la coincidenza sorprende e non poco il lettore sufficientemente attento.
Nel mese di Dicembre 2009, periodo di fantasmi e racconti sovrannaturali per antonomasia ( come ben dimostrato da James nelle sue novelle) la Gargoyle Books pubblica un volume che farà sicuramente felici gli amanti dei “Classici del terrore” come ben teorizzava il buon Derleth.
Un tomo da inserire con cura nella propria libreria personale tra “I Miti di Cthlhu” e “Gli Elisir del Diavolo”.
E in tanto affascinante antiquariato letterario permettetemi una frase prosaicamente moderna .
Come dicono i recensori di dischi d’Albione: “Buy or die!”

mercoledì 20 gennaio 2010

DOMANI SERA, IL VORTICE A MOSHPIT


Domani sera, Giovedì 21 Gennaio, terza puntata di Moshpit del 2010.

Ospiti in studio: IL VORTICE.

Doctor Jankyll e Mister Eddie insieme alla band partenopea presenteranno in anteprima il loro nuovo album "Dodici gradi di grigio" pubblicato dalla label salernitana I MAKE RECORDS di Francesco Tedesco ( Verme-Robots, da'namaste).
Come sempre puntata da non perdere per gli amanti del Vero Rock e della scena Undergound.
Vi aspettiamo alle 21 sul sito di Radio Base:
http://www.radiobase.fm/
Per maggiori info su IL VORTICE:
http://www.myspace.com/ilvortice


martedì 19 gennaio 2010

LOTHLORIEN A ROCK TARGATO ITALIA

LOTHLÓRIEN
In concerto al:
ROCK TARGATO ITALIA

mercoledì 20 gennaio

Mermaid’s Tavern

Inizio concerto ore 21 – ingresso libero

MARIO VILLANI - batteria
GENNARO GALISE - basso
ROBERTO CASABURI - chitarra
LUCIO AUCIELLO - voce, chitarra

I Lothlórien suoneranno alle selezioni provinciali del famoso concorso annuale nazionale per gruppi emergenti ROCK TARGATO ITALIA, a cui hanno partecipato gruppi del calibro di Marlene Kuntz e Timoria, tra gli altri.
L’appuntamento è per il 20 gennaio al Mermaid’s Tavern, zona litoranea, Pontecagnano (SA).
Votate i LOTHLÓRIEN on line al LINK:
http://www.rocktargatoitalia.net/web/index.php?option=com_chronocontact&Itemid=371
INFO:
www.lohtlorien.it
www.myspace.com/lothlorien2007

domenica 17 gennaio 2010

CLAUDIA SALVATORI – ABEL (EPIX MONDADORI- 2009).

Eccolo qui, il colpo di coda di questo 2009 letterario.
Un romanzo che avrei voluto leggere mesi prima in modo da poterlo inserire ( con entusiasmo) ai primi posti della mia classifica dei migliori libri dell’anno.
E invece “Abel” di Claudia Salvatori, viene pubblicato nel mese dei fantasmi e del buio invernale ( Dicembre) ma anche delle distrazioni natalizie.
Un crimine per il sottoscritto.
E così mi trovo a parlarne oltre un mese dopo.
Ma il gusto di aver letto un romanzo unico nel genere rimane bello forte.
L’autrice spero mi perdonerà per questo.
Ma soprattutto spero sarà oltremodo paziente nel sopportare alcune mie teorie sul romanzo italiano dell’orrore che vado qui a sviscerare ( e si sa quanto mi piaccia creare correnti, ipotesi, coincidenze e paragoni):
Leggendo “Abel” ho avuto la netta sensazione che si stia dischiudendo una stagione “diversa” ( nuova non so…) per il genere in Italia.
Una sorta di Horror/sociale che ha avuto il suo inizio pochi mesi prima con i romanzi Gargoyle ( L’Estate di Montebuio, Il 18° Vampiro) di Danilo Arona e Claudio Vergnani ( soprattutto quest’ultimo) e trova la sua degna continuazione con il libro della Salvatori.
Un mondo alternativo dopo le problematiche sociali diventano il pretesto “ideale” per delineare il grottesco, l’oscurità, l’agonia di un sistema che lentamente sta collassando su se stesso.
Insomma vampiri, zombi e mostri assortiti, sono solo metafore per descrivere cose ancora più orripilanti ( e peggiori di qualsiasi parto della nostra “malata” fantasia) : solitudine, disoccupazione, pedofilia, corruzione, suicidio, emarginazione, discriminazione, povertà e soprattutto indifferenza.
Questo il vero male del ventunesimo secolo.
Non a caso Arona e Vergnani delineano “un’apocalisse prossima ventura” ( ipotizzata da Arona e appena accennata da Vergnani) mentre la Salvatori si spinge ben oltre descrivendo con minuziosa cattiveria la fine di un ciclo per le “umane gesta” e l’inizio di uno nuovo dove il mostruoso si mischia con l’umano ed è il secondo che corrompe il primo.
Mirabile dictu: un mondo di zombi e vampiri “More human than human “( come direbbe Rob Zombie non a caso…) dove cambiano regole, convenzioni e sistemi.
Il risultato: decadenza a tutti i livelli.
DECADENZA UMANA.
La corruzione della carne degli zombi non li priva di un’anima sensibile e generosa.
Il bisogno atavico di sangue e autodistruzione dei vampiri li rende quasi attuali e moderni ma mai banali o prosaicamente terreni:
“Non sentirai mai un vampiro parlare della cognata che è scappata con l’idraulico. Niente frivolezze, niente confidenze triviali, niente di quel chiacchiericcio melenso, arrapato e fatuo che è il più desolante dei suoni epocali”, scrive l’autrice con la penna intinta nel cianuro. E gli uomini? Il peggio che si possa prevedere…
Viziosi, distaccati, telegenici, amanti del potere e chiusi in gabbie dorate ( quelli che possono permetterselo). Il resto, una massa alla deriva tra povertà, rabbia e solitudine risvegliati solo da eventi di dominio pubblico e gossip di bassissimo livello.
Vi ricorda qualcuno?
Vi ricorda qualcosa?
C’è una parte del libro che ho sottolineato con angoscia ma anche con sublime realismo:
“L’umanità di prima, del Pensiero Estremo, ha cercato di farsi simile ai mostri, colpita dall’epidemia di una creatività coatta e maniacale. Oggi, su dieci essere viventi, sette sviluppano aspirazioni artistiche; gli altri tre le svilupperebbero se non soffrissero di scarsa autostima.”
Mostri/artisti (mostri dentro, artistoidi fuori) che non irradiano luce e conoscenza ma solo manie, frustrazioni,isterismi, paure, egocentrismi e complessi personali.
Vi ricorda qualcuno?
Vi ricorda qualcosa?
Claudia Salvatori non le manda certo a dire.
Tornando alla struttura del romanzo, c’è da dire che è uno spietato e seducente “Decamerone” ricco di tante piccole storie crudeli, malinconiche, grottesche, violente.
Il tutto portato avanti attraverso un solo binario: l’enigma del ritrovamento di una bambina/zombi. “Nessuno è mai ritornato dalla grande tenebra in così tenera età.”
Abel, il protagonista del romanzo, insieme ad altri personaggi che non rivelo per non togliere lo sfizio della lettura, dovrà risolvere questo caso al limite tra infanzia abbandonata e orrori (umani e non) assortiti.
Colonna sonora del libro, un solo brano: Disco Inferno (una hit dance famosissima degli anni 70).
Piace a tutti soprattutto agli zombi.
Una massificazione di gusti al limite dell’idiozia.
Vi ricorda qualcuno?
Vi ricorda qualcosa?
Per maggiori info sull’autrice e il libro:
http://www.myspace.com/claudiasalvatori

mercoledì 13 gennaio 2010

ARMA NON CONVENZIONALE (CRAIG R. BAXLEY - 1990)

Titolo originale: I Come in Peace
Regia di Craig R. Baxley.
Con: Dolph Lundgren, Matthias Hues, Jay Bilas, Brian Benben, Betsy Brantley.
Genere: Fantascienza/Azione.
Anno: 1990, USA
Sinossi
Talec, un gigantesco extraterrestre, si avventura sulla Terra. Ad ogni persona in cui si imbatte ripete il suo messaggio di pace (che da il titolo al film), ma quando si allontana il suo sfortunato interlocutore è già cadavere. Si tratta infatti di uno spietato criminale, venuto a fare scorta di endorfine, droga rara e costosissima sul suo pianeta. A caccia dell'assassino si pone, coadiuvato da un agente dell'FBI, il poliziotto Jack Caine (Dolph Lundgren), l'unico ad avere intuito di trovarsi di fronte ad un pericoloso alieno.

Considerazioni
“Arma non convenzionale”
è stato definito da Michele Tetro ( noto critico cinematografico nel settore della Fantascienza e non solo...) come un film “da Venerdì Sera.”
Non ha tutti i torti.
Questa pellicola di Craig Baxley ( già autore di titoli “fracassoni” e dal grande tasso adrenalinico come “Forza d’urto” con un memorabile Lance Henriksen e “Action Jackson”), ha come unico obiettivo quello di far trascorrere allo spettatore medio, una serata di puro disimpegno mentale e ovviamente ( e se possibile) farlo divertire.
Quindi spazio a una girandola di fughe, inseguimenti e sparatorie.
Il duello tra l’alieno malvagio e il poliziotto solitario e poco ligio alle regole (Lundgren), non è un topos innovativo per il cinema di quel periodo.
Il tema era stato già affrontato in forma leggermente diversa in "Pradator" (di John McTiernan, 1987), con i dovuti distinguo in fase di sceneggiatura.
Ricordiamo infine (sempre citando Michele Tetro) che il film si basa su un cliché già collaudato in altre pellicole come “Alien Nation" ( di Graham Baker, 1988): quello del poliziotto “buono” che viene affiancato dall’Alieno “buono” nella loro lotta contro il male, sullo sfondo di una scacchiera in cui le forze extraterrestri sembrano ormai farla da padrone.
E come tutti i film americani di fine anni '80 vedrà alla fine prevalere sempre l’elemento umano ( nel senso di raziocinio e cuore) sul diverso e sul grottesco ( nel senso di bestiale e caos).
Ottima la colonna sonora ad opera di Jan Hammer ( conosciuto soprattutto per il Main Theme del serial "Miami Vice")
Pura azione e buon ritmo in un film confezionato comunque con mestiere.

Curiosità
Il titolo del film ha una storia molto particolare: il titolo originale della pellicola doveva essere "Dark Angel" e non come spesso riportato "I come in peace". L'equivoco è nato da una interpretazione errata della locandina, che riportava la frase portante dell'intera vicenda, "Io vengo in pace", pronunciata dallo spietato Matthias Hues e che annunciava l'imminente morte del malcapitato di turno. In realtà poi è accaduto che la frase "I come in peace" sia diventata talmente popolare (come accadde a "Ti spiezzo in due", interpretato fra l'altro da Dolph Lundgren in Rocky IV) da sostituirne il titolo originale all'uscita del film in DVD. Da quel momento Dark Angel venne definito come 'Working Title' ed I come in peace ' come The new title'. (Wikipedia

domenica 10 gennaio 2010

LOTHLORIEN, "COME LE FOGLIE" ( CD AUTOPRODOTTO - 2009)

Lucio Auciello è uno che ha le idee chiare e una passione smodata per la musica.
Chiunque, al posto suo, avrebbe gettato la spugna già da un pezzo dedicandosi ad altri campi dello scibile umano.
Non è il caso di Lucio.
Un sorta di “Eroe del Rock” ai confini conosciuti del genere.
E quando parlo di confini intendo, al di fuori di facili catalogazioni, compromessi e scene che nascono e muoiono nel giro di un’estate.
Non è da tutti ritrovarsi da solo con il progetto della vita sulle proprie spalle e decidere di continuare.
“Come le foglie” mini Lp ( perché per il sottoscritto si tratta di un’uscita di “altri tempi” ci arriveremo…) dei Lothlórien targati 2009, è la forza di volontà, la convinzione, la visione di un solo uomo al timone.
E si candida come la pubblicazione più personale del cantautore salernitano
Una one man band col desiderio di affermare la propria identità di rivalsa e di sopravvivenza.
“Lothlórien” pezzo di apertura dell’album è in tal caso una dichiarazione di intenti.
L’autore si rivolge al suo pubblico invitandolo a “capire” (quasi ad afferrare materialmente) la musica (la sua).
Un grido altissimo che nasce dalla frustrazione, dalla non identità, dalla forza delle idee in un mondo che non vede, che non sente.
Lucio, crea il suo messaggio nel modo più eloquente possibile: irrobustendo il suono delle chitarre, batteria in evidenza e rendendo i pezzi delle piccole suite, ricche di influenze antitetiche. Non c’è spazio per ascolti facili, per disimpegno e superficialità.
L’attenzione dell’ascoltatore deve sempre essere alta ( come la voce di Lucio nell’album).
Parlavamo di identità: urlare uguale esistere.
Tipica metafora moderna. E come tale è il suo abbandono al cantautorato classico ( e diretto) del precedente “Lothlórien
2006”).
Lo si evidenzia con la nuova versione di “Come le foglie”.
Più corposa, immediata e urgente.
Il messaggio malinconico del testo è intatto ma la musica lo interpreta con rinnovato vigore.
Come se non fosse stato detto tutto e allora si usano altri espedienti per attualizzare vecchie idee che poi vecchie non sono.
Lo strumentale “Attraverso il deserto” è una suite di Prog Rock con punte di classicismo e un pizzico di Gothic Metal.
Leggete il titolo, tornate alla mia riflessione in apertura della recensione e capirete che dietro alla musica variegata del pezzo c’è sempre l’idea di partenza.
“Sul dorso della tigre” è il pezzo più anacronistico dell’album e come tale il vero capolavoro (parlavamo di album di altri tempi no?).
Metal, Grunge, Post Rock e Prog tutto insieme per parlare di un mondo che è lontano dall’idillio ( quasi bucolico) che i Lothlórien delineano nelle loro canzoni.
Quindi è un abbandono anche di certi temi cari ai lavori precedenti.
“L’altro in me” è ancora il disagio dell’artista e il suo desiderio di esistere.
Lucio sembra parlare al suo altro Io (quello da cui nasce l’arte in ogni sua forma) invitandolo a non essere ombra.
Ma a trovare il modo di uscire dal cantuccio interno e nascosto e irradiare il mondo.
Il pezzo abbraccia il Prog italiano anni 70 e lo attualizza ai giorni nostri con bordate elettriche e drammatiche.
La malinconia tipica della band è comunque intatta.
“Il Cerchio del tempo” è degna conclusione della personalizzazione del progetto Lothlórien
Si parte dai Maiden fino ad arrivare ai Pink Floyd e in mezzo tutto il vigore e l’entusiasmo di un nuovo inizio.
Come i titoli di coda di un bel film che è appena finito ma con la consapevolezza e il trasporto che ben presto quella storia avrà un seguito.
E noi lo attendiamo…

venerdì 8 gennaio 2010

"ROCKAMMORRA" - JOE PETROSINO ( ESSONAMO' RECORDS - 2009)

-Rockammorra, ovvero il Rock delle Tammorre.-

-Recensione dell’album di esordio del cantautore Joe Petrosino-

“Rockammorra” non è solo il debut album di un’artista della mia terra.
Troppo semplice, troppo prevedibile
“Rockammorra” è il manifesto storico/emozionale di un giovane, che dal nulla ha creato un concept ( nel senso di “concetto”, inteso come narrazione in musica) che non solo proviene dal cuore del protagonista ma dal vissuto di un’intera generazione e più indietro ancora fino ai giorni primevi dei nostri nonni.
Joe Petrosino ha metabolizzato i suoni, gli umori e la atmosfere dell’Agro Nocerino Sarnese di oltre un secolo, trasmutandoli in un pentagramma musicale fatto di Folk/Rock e di influenze/ascolti post-adolescenziali.
Una miscela che ha il sapore del Cantautorato ma che poteva benissimo tramutarsi in un romanzo o in un quadro.
Parlavamo di Concetto:
“Emergenza Sos”, forse il brano più rock dell’intero cd, è un monito ambientalista che come tale poteva essere interpretato solo con una robusta dose di chitarre e cinismo.
“Suonami il mondo” è il Regge suonato sotto il sole cocente e inebriante del Sud.
Petrosino abbraccia il mondo con l’anima malinconica e ingenua di un ragazzo dell’Agro. Ed è quindi struggente ascolto.
“Quando ‘o sole è dolce” e la tradizione, intesa sia come influenze in musica che come interpretazione dei testi.
Viene fuori la grande passione del cantautore per un serie di simbologie e riti che da sempre imbevono il tessuto sociale e l’emotività della nostra gente.
“Vesuvius” è il capolavoro del disco.
Petrosino, come un poeta di “altri tempi”, partendo dal classicismo di studi giovanili e accademici, lo trasporta in una dimensione interiore dove il vulcano Vesuvio è la metafora dell’ispirazione selvaggia ma anche della rovina inevitabile e della superficialità che da sempre contraddistingue il nostro territorio.
Il pezzo ha un lirismo veramente unico che emoziona e coinvolge.
“Basta ‘na canzone” e “Capa Tosta” sono altri due ottimi brani che dimostrano ( se non c’era ancora bisogno) come l’animo artistico di Joe sia
scisso tra tradizione e modernismo.
Come ho già detto all’inizio “Rockammorra” è il manifesto programmatico e visionario del cantautore nocerino.
Un mondo dal sapore ancestrale e melanconico, che seppur perso in sogni di purezza e ricordi di tempi ormai andati, mostra una concretezza e una forza che sono tipici dei nostri tempi.
Un ibrido di grande effetto che merita tutta l’attenzione che possiamo dargli.
E Petrosino se la merita tutta.
Luca Petrosino, in arte Joe Petrosino nasce nel 1978 e vive a Nocera Inferiore (SA) da sempre. Chitarrista e voce solista della “JoePetrosino Rockammorra band” ne è il leader carismatico e fondatore.Specializzato in “Fonia&Midi” all’Università della Musica di Roma, prende parte a stage con Niccolò Fabi, Stefano Sastro e Massimo Varini. La musica la crea da sempre prima come chitarrista, poi pianoforte ed infini strumenti tipici della musica tradizionale camapana come il mandolino o la tammorra.Quest’ultimo strumento gli spalanca, come per magia, l’affascinante mondo della musica dell’antica cultura contadina etnica del sud Italia.Tutto ciò gli consente di coniugare finalmente, dopo anni di ricerche passando dal punk dei Ramones al progressive dei Genesis, dal jazz di Benson al reggae di Marley, dal reagge-rock dei Police alle contaminazioni folkrock di Santana finamente alla musica popolare mettendo a punto nuove sezioni ritmiche intrecciate da armonizzazioni vocali che si dipanano su una unica melodia. Il tutto confluisce nel suo sound, il rock-tammorra alias il rockammorra. Un sound che fonde il mistero di canti iniziatici o auspicali alle cantate glam rockarmonizzate da tammorre, batteria, chitarra elettrica, basso, mandola e mandolino, un sound che è espresse in maniera grandiosa in "Rockammorra" ovvero l'albun di debutto di questo straordinario artista.

domenica 3 gennaio 2010

"BEVENDO ASSENZIO MI CAPITA DI PROVARE UN SENSO DI LUCIDA FOLLIA" - INTERVISTA AD ALEX PANIGADA


Qui al "MONDO DI EDU", amiamo particolarmente i saggi, soprattuto quelli scritti bene, che per argomento ( in questo caso moooolto controverso) e peculiarità risultano anche più avvincenti di un "semplice" romanzo.
E' il caso de "LA FATA VERDE" di Alex Panigada, un volumetto che ti inchioda alle pagine dalle prima battute e che va giù tutto di un fiato lasciando una sensazione di appagamento, tipica di un buon liquore dal gusto forte ( non a caso...).
Ne abbiamo parlato con l'autore milanese, che con le sue risposte ragionate e fluenti, è da annoverare come la delizia di ogni intervistatore.
Buona lettura!!!
Salve Alex. Iniziamo con una domanda da semplice curioso. Perché un libro sulla Storia dell’Assenzio? Qual’era il tuo obiettivo come autore di un saggio dal tema così particolare?

Ciao carissimo,
devi sapere che sin da piccolissimo sono sempre stato attratto da tutto ciò che è misterioso, proibito, e l'argomento assenzio ha sempre suscitato in me tantissima curiosità.
Ho deciso di scrivere il libro quando mi sono accorto che in Italia non esisteva un solo testo sull'assenzio e le poche notizie in circolazione davano assolutamente una visione distorta su questa bevanda.

Com’è stato il procedimento di documentazione e ricerca? Esiste una copiosa letteratura sull’argomento oppure hai dovuto fare un duro lavoro?

La ricerca è stata molto dura, perché prima del mio lavoro esistevano solo testi in lingua inglese e francese.
Sembrerà assurdo ma nessun autore italiano ha mai scritto un libro sull'assenzio.
Questo ha scatenato in me la voglia di mettermi seriamente al lavoro.
L'incontro poi con Paolo Castellano, uno dei più grossi esperti in materia, è stato determinante e mi ha permesso di realizzare in modo più esaustivo il mio testo.

Spesso la gente comune ha una visione distorta di questa bevanda? Qualcuno la considera anche una “droga” partendo da prese di posizione dettate dall’ignoranza o da pregiudizio.
Facciamo un po’ di chiarezza…

Non è semplice in poche righe.
Diciamo innanzitutto che la nascita dell'absinthe sembra risalire al 1792, quando un medico francese esiliato in Svizzera, Pierre Ordinaire, preparò una ricetta composta da svariate erbe in soluzione alcolica, che si supponeva curasse un pò tutti i malanni.
Grazie al suo profumo e al gusto piacevole, l'elisir attirò l’attenzione non solo degli ammalati, ma anche quella di un numero sempre crescente di ammiratori.
Fu così che alcuni anni dopo i signori Pernod aprirono una distilleria a Pontarlier, in Francia, producendo assenzio in larga scala.
Il successo ottenuto da questa nuova bevanda fu immediato e indusse molte altre distillerie a produrre il proprio assenzio, alternando risultati di gran pregio a scadenti e pessimi risultati.
Con la guerra in Algeria la storia cambiò radicalmente.
Si narra che i soldati erano soliti curare e prevenire la dissenteria diluendo una dose di assenzio nelle acque, credendo inoltre che in questo modo si potessero addirittura disinfettare le acque malsane.
Forse è proprio da qui che iniziò l'abitudine di bere assenzio allungandolo con acqua.
Una volta tornati in patria, i soldati francesi iniziarono a chiedere sempre più spesso l'absinthe nei loro café di ritrovo, facendolo conoscere ad amici e parenti.
La sua diffusione si allargò a macchia d’olio e verso la fine del 1870 l'assenzio era ormai divenuto un fenomeno nazionale.
Questo nuovo aperitivo regnava ormai un po' in tutta Europa.
Ma tutto questo non durò in eterno, ed a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, iniziò il declino dell'assenzio.
In quegli anni il governo francese stava diramando una propaganda anti-alcolismo per porre rimedio al grave danno sociale che l'alcool aveva ormai causato in tutti i ceti sociali.
L'assenzio, poiché era l'alcolico più diffuso, fu naturalmente il primo ad essere demonizzato.
Mettere al bando tutti gli alcolici non sarebbe stato possibile (come avvenne in seguito in America) perché troppe aziende di altri alcolici avevano molto potere politico ed economico (spesso l'absinthe era arrivato a costare addirittura meno del vino).
Il 28 agosto 1905 si aggiunse a tutte queste cause un fatto di cronaca che suscitò grande scalpore.
In un cantone svizzero, un contadino di 31 anni dopo aver abusato di alcol in gran quantità, tra cui due bicchieri di assenzio, tornò a casa ed uccise a colpi di fucile la moglie e le due bambine.
Gran risalto fu dato naturalmente ai due bicchieri di assenzio.
Fu così che questa truce follia diffuse il terrore tra la gente che considerò l’assenzio non più come una fata verde, ma come un tremendo e spaventoso veleno verde.
L'assenzio divenne quindi presto il capro espiatorio di tutta la propaganda anti-alcolismo.

Mi sono sempre chiesto i particolari più minuti che legano questa bevanda agli scrittori e ai poeti maledetti. Il rapporto intimo filosofico fra questo dischiudente Terzo Occhio e le visioni del Sub-Conscio dettate dalla Fate Verde! Qual è secondo la tua opinione?

L'assenzio fu l'ispirazione del modo di vivere bohemiènne ed è stato il compagno preferito di artisti famosi come Vincent Van Gogh, Toulouse Lautrec, Ernest Hemingway e molti altri.
A partire dal ventesimo secolo il suo abuso, e l’assuefazione che dava ai suoi consumatori, iniziò a far sospettare che fosse una sorta di droga allucinogena.
D'altra parte, i suoi effetti sono del tutto particolari: mentre il moderato bevitore di vino tende all'allegria e alla socializzazione e il bevitore di birra ha un’ubriacatura più profonda, il bevitore di assenzio è invece perso nelle sue fantasticherie, si dice che la sua creatività aumenti ed anche per questo motivo la “fata” divenne musa ispiratrice di moltissimi artisti.
Questo non significa che possa essere bevuto tranquillamente: è pur sempre un superalcolico e come tale, è da bersi con moderazione.
Io bevo assenzio da un pò di tempo e sinceramente non sono mai stato preda d’allucinazioni, deliri o sbronze colossali.
La prefazione del libro è del grande scrittore Pinketts, che ispirato dall'assenzio scrisse anche un libro ("L'assenza dell'assenzio"). C’è stata una comunione di intenti?
E' risaputo che Pinketts ha sempre avuto una passione sfrenata per le cattive compagnie, la letteratura, i bar equivoci, i sigari e le donne.Non necessariamente in questo ordine.Ho pensato ad una sua prefazione ancora prima di concludere il mio libro.Ricordo ancora quando dissi a Baraghini (editore di Stampa Alternativa) “o lui o nessun'altro!”Ho avuto modo di conoscere Andrea, prima come fan, poi come amico.Ogni nostro colloquio è stato un motivo in più per apprezzare sempre meglio il Pinketts “uomo” che ha sostituito presto il Pinketts “scrittore”.Dietro il personaggio che sembra essere appena uscito da un romanzo hard boiled, in realtà si nasconde un uomo dall’animo nobile, di immensa generosità, dal cuore grande che più che appartenere alla “scuola dei duri”, dovrebbe appartenere alla “scuola dei Puri”. Oggi finalmente l'assenzio sta ritornando nei caffè e bar internazionali. Non pensi che mercificandolo come ogni altro liquore perderà quell’alone di fascino e mistero che ha conservato nel tempo? Sei d’accordo con la legalizzazione dell’assenzio?

Se devo dirti la verità, sono pochissimi i locali che oggi vendono “vero assenzio”.
Se posso dare un consiglio diffidate di tutti quei prodotti dove in etichetta riportano la dicitura “absinth” e non “absinthe”.
Il termine senza “e” non è sinonimo di “contraffazione” o truffa, ma semplicemente la dicitura in paesi come Germania, ex Cecoslovacchia, Austria e di tutti i paesi dell’est Europa.
In questi stati è molto difficile trovare assenzio moderno o originale che sia, al contrario sono diffusissimi quei prodotti derivati dall’Hills che non hanno niente in comune con l’absinthe storico.
Devi sapere che verso la fine degli anni '80 Radomill Hills, un imprenditore di Praga, ebbe occasione di assaggiare l'assenzio, prodotto ancora come si produceva nell'800.
Poco e niente sapeva di questa bevanda, se non che il suo fascino e le leggende ad esso legate, erano certamente la migliore pubblicità per proporlo al grande pubblico.
Decise quindi, una volta tornato a Praga di produrre absinthe per rilanciare la ditta di famiglia che stava passando brutti momenti.
Nonostante nulla sapesse riguardo la ricetta e il metodo di preparazione dell'assenzio, non si scoraggiò e inventò completamente il suo prodotto certo che in pochi avrebbero potuto affermare se questo fosse autentico o meno.
Agli inizi degli anni '90 tutti i locali di Praga proponevano a turisti e giovani artisti la “bevanda proibita”, la “droga degli artisti”...
Purtroppo ancora pochissimo si sapeva dell'assenzio e la gente beveva l'absinth “Hills” affascinata dalle leggende che poco alla volta ritornavano alla luce, ma soprattutto ancor di più affascinata dal rituale inventato dai baristi di Praga: versare una dose di assenzio nel bicchiere, versarvi dello zucchero e dopo averlo raccolto con un cucchiaio, darvi fuoco e lasciarlo caramellare riversandolo ancora in fiamme nel bicchiere, spegnendo poi il tutto con acqua.
Questo rituale nasceva dalle pochissime conoscenze che in quegli anni si aveva sull'absinthe: in fondo si sapeva soltanto che serviva zucchero, si usava un cucchiaio e l'acqua... nient'altro.
Poco importava ai baristi quindi se il rituale flambée non fosse autentico: l'azione di scaldare lo zucchero nel cucchiaio richiamava il rituale dell'eroinomane che si prepara una dose, e tutto questo serviva a rendere ancora più misterioso e proibito il nuovo prodotto di Hills.
Il prodotto di Radomill non aveva assolutamente nulla in comune né con l'assenzio che aveva assaggiato né tanto meno con gli absinthe del diciannovesimo secolo, ma il suo successo portò diverse ditte ceche e dell'est Europa a produrre “absinth” simili all'Hills immettendo così sul mercato un quantitativo enorme di etichette.
Riguardo invece la legalizzazione è naturale che io sia d'accordo.
Ormai è risaputo che l'assenzio è legale dal punto di vista delle normative europee.

Un’altra curiosità: hai mai provato l’assenzio? Nella preparazione della documentazione del libro era previsto anche un’esperienza diretta con la Fata Verde?

Certo!!!
Ti dirò di più, ho dovuto bere assenzi “reali” e brodaglie più simili a “colluttori alcolici” spacciati per assenzi.
Come fai a scrivere di cose che non hai mai provato?
Ma stai tranquillo...non sono un alcolizzato!
Dal canto mio, se proprio devo essere sincero, bevendo assenzio a volte mi capita soltanto di provare uno strano senso di lucidità, di “lucida follia”, di strana concentrazione che mi rende più vigile, ma sicuramente la suggestione ed il classico effetto placebo in tutto ciò potrebbe avere un peso rilevante.
Un’altra cosa che ho riscontrato è una leggera dipendenza, se proprio così la vogliamo chiamare.
E’ una sensazione particolare, non facile da descrivere, che provo ad esempio mentre lavoro davanti al mio PC portatile (come in questo momento) oppure davanti ad un bel film o leggendo un buon libro.
Contrariamente a qualsiasi altro alcolico o bevanda, sento proprio la voglia di gustarmi il mio bicchiere d’assenzio. Forse è proprio questa la magia della fata verde… Potresti consigliare ai lettori del Mondo di Edu alcuni titoli di libri legati a doppio filo con il liquore verde?

Sono parecchi i libri sull'assenzio, ma purtroppo tutti scritti da autori francesi ed inglesi.
Esiste un solo testo tradotto nella nostra lingua che mi va di consigliarvi: ASSENZIO -Un mito sempreverde- del Professor Benoit Noel

Alex, tu sei anche autore di narrativa e musicista. Quali sono i tuoi progetti futuri in tal senso?

Presto uscirà un mio racconto nell'antologia “PROGENIE 2.0” (tributo a Lovecraft) a cura di Alessio Lazzati.
Un mio racconto è stato selezionato anche per l'antologia erotica della Delos Books “365 racconti per un anno” che vedrà la luce questa primavera.
Sto collaborando per un progetto con Lubrina Editore, ed infine sto scrivendo un romanzo insieme a Selene Feltrin, una notevole scrittrice nonché cara amica.
Se mi avanza tempo dovrei anche rimettere mano al mio primo romanzo!
Nel campo musicale invece continua la mia esperienza negli SpiritiLiberi anche se ho da poco fondato una nuova band che si chiama “ROCK IN THE CITY”, dove riarrangiamo in versione acustica mitici brani rock degli anni 80/90: Kiss, Def Leppard, Whitesnake, Bon Jovi, Cinderella, Twisted Sister ecc...
Se tieni anche conto che sono proprietario della sala prove musicale “FreeMusic”, possiamo dire che quest'anno non rischio d'annoiarmi!!!
L'AUTORE
Alex Panigada, nasce l'8 Luglio del 1970 a Milano, dove vive tutt'ora.
Da molti anni è voce solista ed autore degli SpiritiLiberi.
Nel 2001 esce il primo CD della band dal titolo "DIVERSO",accompagnato da un mini tour che vede gli SpiritiLiberi protagonisti di numerosi live in locali quali "Rolling Stone", "Crossroad", "Rainbow", "Shocking Club", "Indian Saloon"...
Nel corso degli anni la band interviene in vari progetti musicali e collaborazioni, tra le più recenti la partecipazione alla compilation "Voci Nuove 2008", con ben due brani!
Panigada è giornalista free-lance e socio fondatore dell' A.MYS, "Associazione Culturale Nipoti di Martin Mystère" dedicata al fumetto "Martin Mystere" ed al suo creatore Alfredo Castelli.
In veste di scrittore esordisce con il libro "LA FATA VERDE - Storia dell'assenzio" (Stampa Alternativa), impreziosito dalla prefazione di Andrea G.Pinketts. Nel Marzo 2009 vince il premio giuria popolare, con il racconto "Il viso di Chiara", nel concorso letterario "CATTURANDI" indetto dalla Dario Flaccovio Editore. Nel Maggio 2009 vince il concorso "NECROMANE" indetto da houseofbooks.org con il racconto "Viaggio senza ritorno"... Alex è anche proprietario della sala prove musicale "FreeMusic" di Cislago (VA), una struttura di circa 330mq con a disposizione 6 sale prove, che sta diventando ogni giorno di più un piacevole punto di ritrovo per musicisti ed artisti di ogni genere.
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sabato 2 gennaio 2010

"2 GENNAIO 2010, COME SONO ARRIVATO A QUESTA DATA?" - DIARIO DALL'AFGHANISTAN PT III


2 Gennaio 2010
Come sono arrivato a questa data?
Il tempo per fortuna sta volando!
E' passato Natale senza rendermene conto.
In Italia questi due giorni sono sicuramente sentiti moltissimo da tutti.
Anche qui qualcuno si e' sforzato di dare una qualche parvenza natalizia, ma la verita' e' che non mi sono accorto di nulla. Forse perchè come al solito ero preso da quello che dovevo fare, ma mi sono ritrovato a oggi senza aver festeggiato nulla.
Allo scoccare della mezzanote ho soltanto scambiato gli auguri con i colleghi che erano con me al lavoro. Molti hanno aspettato la mezzanotte ora italiana per chiamare casa e per festeggiare. In fondo noi viviamo il nostro Natale e Capodanno solo in Patria.
Qui c'e' poco da festeggiare, non perche' si sta male, ma è meglio non pensarci troppo, altrimenti potrebbe arrivare la malinconia, per mancanza di tutti gli affetti e per gli auguri che ci siamo persi in Italia in questo periodo. Ricordo che il 31, di sera, sono andato in palestra alle 21.30 e ci sono rimasto fino alle 23.
Non ero solo e anche per gli altri colleghi-amici non sembrava essere l'ultimo giorno dell'anno. Nemmeno a mezzanotte mi sono reso conto di essere gia' nel 2010 finchè il generale comandante non e' passato nel nostro ufficio a fare gli auguri a tutti. Solo da quel momento ho iniziato a pensarci davvero.
Ho chiamato i miei e la mia ragazza.
Erano felici di sentirmi.
Forse anche per loro non sono state eccezionali queste feste ma per un attimo sono sicucur o di averli resi contenti. Qui il tempo continua a essere strano.
A volte fa freddo, a volte è il contrario. Le mosche aumentano e diminuiscono a seconda del tempo.
Un giorno mi sono stancato di averle continuamente addosso e, con un mio collega ho cercato di eliminarne il piu' possibile.
Nei momenti liberi naturalmente.
Ne abbiamo contate 54 al suolo stecchite in solo 2 ore!
Di sera guardo il cielo e ogni volta credo di non avere mai visto cosi' tante stelle.
Forse perche' in Italia non ne sentivo il bisogno, ma qui ogni sera cerco di trovare la stella polare
per orientarmi e capire dove e' casa.
E ogni volta lo dico alla mia ragazza che cerco quella stella che chiamiamo nostra.
Una sera ho visto 5 stelle cadenti!
Forse anche in Italia se ne vedono così tante ma davvero qui mi sembra diverso.


Sono quasi a un terzo della mia missione, non mi manca molto al giro di "boa".
Pero' davvero non ci penso, in fondo per ora tutto qui è andato spedito.
Mi auguro che sarà così anche gli ultimi giorni...
Meglio non pensarci e affrontare questo nuovo anno con lo spirito dell'anno precedente: determinazione e voglio di fare e andare avanti!
Dentro di me faccio gli auguri a tutte le persone che mi conosco e so che mi vogliono bene nella speranza che loro stiano bene e passino un buon anno.
E naturalmente auguro un buon anno a tutti gli italiani.
A presto!
LEGGI LE PRIME DUE PUNTATE DEL "DIARIO IN AFGHANISTAN" A QUESTI LINK: