lunedì 28 giugno 2010

AN OLD INTERVIEW RELOADED: DANILO ARONA

Nel Dicembre del 2008, pubblicai una lunga intervista a Danilo Arona sul sito dell'amico Giuseppe Pastore, Thriller Cafè.
Rileggendo quella intervista mi sono reso conto che la carne al fuoco era tanta ( un' approfondita panoramica sulla sua lunga carriera, musica, cinema, letture, gustosi aneddoti autobiografici etc.) e che quindi meritava un' adeguata ripubblicazione per gli appassionati lettori de IL MONDO DI EDU, che come ormai ben sanno, troveranno sempre su questo spazio, post e articoli sul "miglior scrittore horror italiano".
Sono inoltre in previsione ( spero a breve) le recensioni di "Cronache di Bassavilla" ( Dario Flaccovio Editore 2006) e "Nuova Guida al Fantacinema - La maschera, la carne, il contagio ( Punto Zero Editore, 1997).
Insomma, come sempre, stay tuned!!!

[EV] Salve Danilo. Nel preambolo a questa intervista mi sono chiesto perché tutti gli scrittori Horror/thriller della nostra penisola ambiscano a farsi riconoscere come i “nuovi Stephen King”. Se dovessi scegliere un termine di paragone per la tua lunga carriera allora sceglierei Dean Koontz o Peter Straub. Autori molto prolifici con una forte soggettività ed eterogeneità di interessi. Concordi? Oppure reclami la tua identità di autore?
[DA] Credo sia un autogoal far riferimento ai grandi scrittori americani di genere. Gli italiani che scrivono horror e thriller stanno, nel bene o nel male, su un altro pianeta. Hanno riferimenti antropologici diversissimi, un forte radicamento nel folclore territoriale, una cultura di fondo sovente “alta”, il segno molte volte politico… Gli americani vanno più al sodo, inseguono il mercato (per carità, non tutti…), utilizzano archetipi “sicuri” senza neppure osare a proporne di nuovi. Questo per riaffermare differenze e svuotare di senso gli slogan del marketing, se riferiti a un italiano, tipo “il nuovo Stephen King”. Io, per quel che posso, guardo dentro me stesso (dove sta a ribollire un magma senza dubbio più cinematografico che letterario). Io sono io, con una mia identità, che questa piaccia o meno. Sono uno che tenta di proporre qualcosa di nuovo, e il farlo tramite l’horror e il gotico moderno è un’operazione non esente da rischi. In ogni caso, per non sottrarmi alla domanda, tra Koontz e Straub, preferisco il secondo. E di sicuro un capolavoro assoluto come La casa dei fantasmi mi ha lasciato qualche utile segno. Così pure il rabbrividente Koko, una delle più acute riflessioni sul Vietnam in salsa horror.

[EV] Ho da poco finito di leggere il tuo nuovo romanzo "La Croce sulle labbra," pubblicato nella collana "Segretissimo Mondadori" curata da Alan D. Altieri. Ho immediatamente notato che rispetto al suo predecessore Finis Terrae, sembra avere un respiro più ampio. Sebbene ambientato per buona parte nella città di Milano (e non la tua famosa Bassavilla, alias Alessandria e dintorni…) la descrivi in un modo che potrebbe essere qualsiasi metropoli mondiale. Come se di fronte a un orrore più grande qualsiasi identità e provincialismo si azzerassero…
[DA] La croce sulle labbra segue l’uscita di "Finis Terrae", è vero, ma queste sono le bizze dei tempi editoriali ai quali l’autore nulla può opporre. La croce sulle labbra è stato scritto (a quattro mani con Edo Rosati) nella seconda metà degli anni novanta. Sulla carta è “vecchio”, ma era – e persiste ad essere – talmente profetico che tutti lo hanno pensato prodotto nel 2007. In ogni caso le tue considerazioni sono più che plausibili e le sposo in pieno: la globalizzazione del terrore azzera il provincialismo e le identità. Ci sarebbe da chiedersi perché ho pensato di farlo negli anni novanta, tornando poi a “Bassavilla” nel Duemila… In realtà, penso, di essere attratto dalla possibilità di proporre un prodotto che possa anche avere un senso sul mercato internazionale. Che possa venire “esportato”. Ed è più facile condurre il gioco all’interno del set metropolitano, quale che sia.

[EV] Stessa cosa l’ho notata con la tua storica rubrica del mistero che hai portato avanti per anni su Carmilla on line (diretta da Valerio Evangelisti): Cronache di Bassavilla. Dopo averla terminata con successo ne hai aperta una nuova, “La Luce Oscura”, che ha una “vocazione” meno regionalistica e nazionale e più improntata ad un’indagine metafisica e universale. Sei d’accordo?
[DA] La Luce Oscura riflette il momento che sto attraversando. Avverto nella cronaca di ogni giorno un’avanzante “Apocalisse Subliminale” di cui tutti si rendono istintivamente conto, ma che pochi riescono a “guardare” in faccia, a decodificare. Di questo tento di parlare nella rubrica che Valerio Evangelisti mi concede da par suo di portare avanti. Ma non ti nascondo, anche perché mi sembra palese, che nella rubrica stessa ci sta un gioco fictional cui i lettori più in sintonia paiono partecipare volentieri.

[EV] Uno dei temi ricorrenti nei tuoi libri (vedi il nuovo Santanta, Perdisa Editore 2008, ma anche Finis Terrae, Melissa Parker, Palo Mayombe etc…) è un’apocalisse imminente che avverrà attraverso due dimensioni antitetiche ma nello stesso tempo concatenate. Una terrestre e materiale (pestilenze moderne, tsunami, terrorismo globale) e una ultraterrena e nascosta ai più (l’operato di alcune forze negative e demoniache sui nostri destini). E’ pura fiction oppure c’è qualcosa di vero?
[DA] In parte penso di averti già risposto prima. Ma, per completare il quadro, non escludo “laicamente” che sia qualcosa di vero. Ti faccio un esempio: sono sempre più numerosi i delitti commessi da persone in cui l’io si assenta al punto tale che, dopo l’atto omicida, non si riscontra memoria del medesimo. Per carità, so bene che dietro ci stanno gli avvocati difensori al lavoro per ottenere l’infermità mentale temporanea, ma sovente è anche vero: da Novi Ligure a Perugia, passando per Cogne, è come se i presunti protagonisti avessero vissuto un pieno black-out della coscienza spesso giustificato dalla cruenza terrificante degli episodi delittuosi. In ambito cattolico e militante il tutto ha una facile spiegazione: la possessione diabolica, il che può far sorridere gli agnostici o i non credenti. Ma un dato resta di fatto: in quei momenti le personalità sino a un istante prima “dominanti” vengono spodestate da un Altro da Sè in grado di elaborare e mettere in pratica una strategia ferina e primitiva che richiama alla mente un celebre assioma di Richard Dawkins (che non è un esorcista, ma un celeberrimo evoluzionista britannico), ovvero “nel DNA sono registrate le inconfutabili tracce degli antichi incontri con l’Altro”. Come se nel gene, unità che sopravvive passando attraverso migliaia di corpi individuali successivi, si conservasse un’antichissima traccia mostruosa per non dire “diabolica”. Una predisposizione genetica che si sta “attivando” a livello planetario per colpa di un’invasione “mentale”, inconscia dell’idea di Apocalisse. Che ci piaccia o meno, che facciamo o meno finta che sia “tutto normale”, i sistemi stanno collassando. Oggi tocca all’economia, presto o tardi al clima. E la percezione che ne abbiamo sui “corpi sottili” ci rende tutti quanti più aggressivi, arrabbiati: quelli tra noi con quel DNA di cui sopra capaci anche di uccidere per futili questioni di vicinato, Erba docet.

[EV] Progredirai su questo binario o avremo ancora delle sorprese per quanto riguarda le tue future pubblicazioni?
[DA] Non lo so. Io scrivo d’istinto. Non programmo mai nulla a tavolino. Due anni fa, se qualcuno mi avesse detto che avrei prodotto una novelette ambientata sulla costa californiana (Santanta), gli avrei chiesto con quale pianta allucinogena aveva fatto colazione… Ma oggi, anche per un provinciale come me, la globalizzazione dell’orrore è una sfida da affrontare. Come in parte accennato, il tentativo di sprovincializzare le mie tematiche e di estenderle un po’ ovunque, a macchia di leopardo. Vediamo se ce la faccio…

[EV] Visto che sei un accanito lettore e critico sia cinematografico che letterario potresti indicarmi alcuni titoli e film che ultimamente ti hanno impressionato ( sia in positivo che in negativo)?
[DA] Non vorrei stupirti, ma l’horror cinematografico negli ultimi tempi mi ha lasciato un po’ freddino. Non basta cambiare il vestito al Demone sotto la pelle e farne un REC… Alla fine è sempre Il demone sotto la pelle (il contagio, il condominio…) rifatto secondo le tecniche ballonzolanti dello youtube/movie, anticipate un po’ di lustri fa da Il cameraman e l’assassino. Per carità, è divertente, chi lo nega. Ma vive di rendita. E’ più facile trovare momenti di vero orrore nel cinema mainstream, in cui l’horror si mostra per quel che è in effetti al cinema, ovvero una corrente estetica “trasversale”: da Gomorra a Racconti da Stoccolma, passando per Sotto le bombe, La zona o l’ultimo Shyamalan, E venne il giorno (che ha un incipit grandioso, una sorta di allucinazione mediata dalle immagini dell’11 settembre). Diverso è il caso per i libri: ma non voglio far torto a nessuno e mi limito solo a consigliare spassionatamente l’ultimo di Gianfranco Manfredi, Ho freddo, appena uscito per Gargoyle. Una svolta nella letteratura vampirica. Una svolta italiana.

[EV] Invece il libro altrui che avresti voluto scrivere?
[DA] Vorrei avere avuto la forza, o magari scoprirmene capace in futuro, di scrivere racconti geniali e spaventosi come quelli di Daphne du Maurier, cose come Don’t Look Now e Gli uccelli. Straordinari apologhi sulla paura e sulla percezione alterata del reale, scritti in tempi non sospetti, da cui il cinema ha attinto in modo egregio con A Venezia un dicembre rosso shocking e l’immortale capolavoro di sir Alfred. Film mitici, sia ben chiaro, ma attenzione… i racconti che ne hanno fornito lo spunto sono, su un altro piano di fruizione, assolutamente straordinari, fuori dall’ordinario, la dimostrazione che l’intelligenza – femminile – applicata agli stilemi della paura è qualcosa di sublime.

[EV] Parliamo di scrittura. Secondo Tiziano Sclavi (autore del fumetto bonelliano, Dylan Dog) “il segreto della buona sceneggiatura è leggere diecimila libri. Vedere diecimila film. Ascoltare diecimila musiche. Visitare diecimila mostre d’arte. Giocare a diecimila videogiochi. Poi si può cominciare a fare qualche tentativo.” Per te è stato lo stesso? Un giovane autore ha degli obblighi precisi?
[DA] Concordo al mille per cento su quanto dice Sclavi. Solo che io ho visto ventimila film. Ed evito i videogiochi. Però, dentro la narrativa, ti entra di tutto: nel mio caso, anche tanta cronaca. La cronaca talvolta inspiegabile ed enigmatica alla quale oppongo una spiegazione “fantastica”. Non so, giuro, quali possano essere gli obblighi di un giovane autore. Per quel che so, ogni caso è diverso. Il mio lo è. Soprattutto quando mi sintonizzo con i fattacci che ci porta ogni giorno la TV e ci scrivo a ridosso. Black Magic Woman è stato scritto in tempo reale con la cronaca quotidiana che ci entrava dentro… Una sfida un po’ incosciente. Ma in molti l’hanno amata.

[EV] Una curiosità: molti tuoi personaggi sembrano vivere l’ora del risveglio come un vero e proprio trauma esistenziale. Senza contare il fatto che sembrando quasi dei caffè – addicted. E’ una cosa creata a tavolino oppure è qualcosa di autobiografico?
[DA] Totalmente autobiografico. Non esiste qualcosa di così disastroso per me quanto il risveglio mattutino, sottolineato da un’implacabile sveglia che trilla alle sette (sempre, tutti i giorni tranne la domenica). Perché, accidenti, lavoro e non faccio lo scrittore di professione. Perché vado a dormire sempre tardissimo. La conseguenza è una vita del tutto schizzata, divisa in due o più dimensioni di riferimento, dove riesco non so come a farci stare tutto, dalla contabilità della mia piccola azienda al vento assassino dei Mohave. Dal vedere, se ci riesco, un film al giorno a tutto il resto che rende la vita sopportabile.

[EV] Altra curiosità da lettore: gli autogrill. Un tema ricorrente in quanto crocevia di destini e di percorsi umani spesso al limite. Oasi ambigue e notturne dove può succedere qualsiasi cosa. Non ci crederai ma giorni fa mi sono fermato in autogrill alle tre di notte e immediatamente ho provato un senso di inquietudine misto a euforia. Mi son detto: Arona ci ha centrato in pieno…
[DA] Alle spalle ho un lungo passato di musicista on the road. Di autogrill alle tre di notte ne so qualcosa… Poi, negli anni settanta, mi è capitato di avere una storia con una tipa che poneva come condizione a quel che puoi immaginare il fatto di incontrarci di notte in autostrada, di solito sulla A 26. Appunto, a un autogrill… Una volta uno, la tal volta un altro. Lei arrivava all’ora prefissata (le due, le tre o le quattro) vestita come Satanik in crociera ai Caraibi e non ti dico dalle bocche dei camionisti quel che usciva quando la vedevano entrare… La tipa sosteneva che si eccitava così. Mangiava e beveva come un alpino veneto alla Festa dell’Ombreta e poi voleva andare a vedere l’alba in riviera. Ho ceduto dopo un po’ per esaurimento nervoso e per sballo della curva glicemica. Ma non è che una delle tante storie che possono realmente accadere in quei luoghi ai confini della realtà che sono gli autogrill di notte. Se poi dobbiamo citare un americano che ci ha ricamato un grandissimo racconto, non c’è possibilità di errore: Robert McCammon con Nightcrawlers… Ecco, quello è un modello che mi viaggia sempre per la testa.

[EV] Ultima curiosità: notizie di “Melissa”? Il fiume di notizie ed eventi misteriosi si è arrestato oppure “il mito del fantasma dell’autostrada” continua?
[DA] Continua alla grande nel 2009 grazie a Mondadori. Con un’antologia stuzzicantissima da me curata con una ventina di scrittori miei amici (mica bubbole… Altieri, Di Marino, Cacciatore, Novelli & Zarini, Rosati, Defilippi, Nerozzi e altri ancora, più due donne straordinarie come Claudia Salvatori e Barbara Baraldi, ognuno alle prese con la propria personale versione del “fantasma della strada”) e un nuovo romanzo che s’intitola Blue Siren (che però, mi sa, dovrà slittare al 2010, per “affollamento”). Vediamo, non sono io a decidere le date di uscita.

[EV] Mi ricollego a un discorso che amo molto, quello della Musica. Nei tuoi libri ricorre spesso la figura del chitarrista geniale ma dal destino avverso e pericoloso. E’ una figura che mi affascina parecchio. Come ti è venuta in mente? Per non parlare di Finis Terrae dove addirittura c’è una colonna sonora occulta tra le pagine del libro? Musica e Letteratura, un binomio perfetto?
[DA] Non mi è venuta in mente. Nel senso che, per una certa parte, Casone sono proprio io. Di musica e letteratura scrivo da quando ho iniziato a scrivere. Rock, Il vento urla Mary, Palo Mayombe e anche il recente Caso di Bobby Fuller sono prodotti della mia “metà oscura” di musicista. E’ un mondo che frequento ancora, quello musicale. Solo che è sempre più dura, accidenti…

[EV] Elencami una serie di dischi che hanno ispirato le tue opere letterarie e il cd che non potresti mai togliere dal lettore?
[DA] Tutta l’opera di Jimi Hendrix, senza distinzione fra i titoli, è una continua fonte d’ispirazione. Jimi non era solo il grande funambolo della chitarra elettrica che sappiamo, ma anche un poeta di rara potenza evocativa. A lui, ancora una volta, è dedicata la nuova regeneration de Il vento urla Mary, che sta per uscire nella collana La congrega di mezzanotte, curata dall’amico Walter Diociaiuti per i tipi di Phasar. Nuovo titolo “rigenerato”: Ancora il vento piange Mary. Ho un’anima underground alla quale non intendo rinunciare…

[EV] Ultima domanda. Si dice che i poeti e gli scrittori (ma anche i musicisti) siano esploratori di “altri” mondi che suscitano fascino e terrore allo stesso tempo. Danilo Arona ha trovato il suo mondo o lo sta ancora cercando?
[DA] Non lo so. A quei mondi cui alludi forse mi collego, scrivendo. Ma per forza di cose questa resta solo un’ipotesi. Né sono certo di “cercarli”. A dire il vero, nella realtà – nella fisicità della medesima – ci sto alla grande, nonostante un certo disgusto che mi suscitano certi eventi e certi personaggi. Che dirti? Secondo me bisognerebbe rovesciare la domanda: quel mondo che mi sta dando la caccia ce la farà a scovarmi? Così mi pare più interessante. E la lascio per forza di cose senza risposta.

[EV] Danilo. Grazie di cuore per la chiacchierata. Lasciamoci, delineando i tuoi progetti futuri…
[DA] Uno solo, cui sto dando proprio in questi giorni le pennellate finali. Un romanzo molto lungo, intimo, di quattrocento pagine che esce a maggio del 2009. Un lavoro in cui, forse, ci stanno tutte le risposte alle domande lasciate in sospeso nei precedenti miei titoli. Ma ne parleremo a tempo debito. Sarai tra i primi a saperne di più (Nda. Danilo fa riferimento a L'Estate di Montebuio, romanzo/capolavoro del 2009, pubblicato da Gargoyle Books e recensito entusiasticamente dal sottoscritto).

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