venerdì 1 maggio 2015

KOZA NOZTRA – SANTA DELICTA ATTO I (EP, 2015) [RECENSIONE]


Archiviato il campionario degli orrori e delle bestialità dell’animo umano (ma si potrebbe parlare anche dei Delitti e delle Pene di ‘beccariana’ memoria) denominato Cronaca Nera Part I e Part II, i Koza Noztra sono ben lungi dall’aver concluso il loro concept apocalittico ed ecco arrivare Santa Delicta Atto I, un nuovo EP (l’Atto II è previsto nel 2016) che già dall’intro dal sapore quasi “gregoriano” (se non ci fosse una disperazione di fondo come in tutta la loro musica) non lascia spazio alla luce ma solo alle ombre:

Io credo che comandare è meglio che fottere 
Io credo nei cazzi miei Io credo nell’infamia, nel disonore, nella bestemmia 
Io credo nell’assassinio, nel tradimento, nel furto 
Io credo nella falsa testimonianza, nella menzogna, nell’ipocrisia 

Una dichiarazione d’intenti, un manifesto del male, un’elegia della realtà più subdola e reietta che non trova linfa vitale nella fantasia dei protagonisti ma, come un po’ in tutta la loro discografia, in un qualsiasi telegiornale o quotidiano dedicato alla cronaca del nostro “amato paese”.
Rasoiata in faccia ed è subito Heavy Metal sparato a folle velocità con “Belfagor (Santo Subito)”, un totem dell’oscurità che non è letterario né cinematografico ma metafora di vuoto informe, di buio totale, di violenza senza fine.
La "religiosità" del delitto di stato è il tema comune di questo mini album e i Koza Noztra lo presentano attraverso figure raccapriccianti, rituali, ctonie, prese dall’inconscio dell’uomo comune fin dall’alba dei tempi.
Se Belfagor è "santificazione" della metà oscura, “Mammut” tra vecchi Litfiba e robusto Hard Rock è rappresentazione del peso soffocante di una crisi economica e di coscienze che ci sta schiacciando senza alcuno scampo.
C’è bisogno di un Mammut per travolgere regole stantie e crudeli. Ma siamo sicuri che in realtà il Mammut non sia lo stato e la sua “kafkiana” burocrazia che travolge i più deboli e impreparati?


Mentre ci pensiamo arriva Polifemo (ancora in due parti) che non è mito fine a se stesso ma ancora santificazione di un totem dell’orrore.
Se il mondo è fatto di cannibali e schiavi allora sull’altare possiamo anche mettere un vecchio mostro da un occhio solo che ci ciba di carne umana. Più di tanti santi e di martiri è Polifemo l’autentica musa capace di mostrarci la strada in cui questa umanità insaziabile e reietta sta sprofondando.
Musicalmente viene fuori un mid-tempo evocativo, con reminescenze doom, dove aleggia lo spettro dei vecchi Katatonia di “Brave Murder Day”, atto a valorizzare lo stile declamatorio/inquisitorio dei nostri.
Per stemperare tanta oppressione dei corpi e delle menti ci pensa “Ruggine”, uno dei brani più estremi mai composti dai Koza Noztra (splendido il riff iniziale opera del chitarrista fondatore Recupero Crediti) ed è l’ennesimo atto di accusa contro un’umanità che preferisce “arrugginire” in un bar alla ricerca di un miracolo che non arriverà mai (chi ha detto Superenalotto?) piuttosto che ribellarsi al grigiore e correre in fondo al tunnel (ma ci sarà poi la luce alla fine?)
Chiusura dal sapore “Noir” con “Strategia della Tensione” brano classico dei Koza Noztra, in bilico ancora tra la loro personalissima visione del Metal e il desiderio, mai domo, di narrare, senza censure o abbellimenti, quello che NON ci ostiniamo a vedere: menzogne, ruberie, morte, ipocrisia.
Continua senza indugi l’epopea nerissima e malvagia del gruppo meneghino, tra i pochi autentici cantori, senza inutili orpelli e ridicolo filosofeggiare, di quella apocalisse che prima o poi ci porterà tutti verso una fine più che degna.
E chissà che un giorno non diventino loro la voce, marcia e grottesca, di un’intera generazione.