domenica 22 novembre 2015

LA JANARA - QUANDO METAL E FOLCLORE SI FONDONO [INTERVISTA+RECENSIONE]


Ci sono band che per anni si costruiscono un universo artistico preso in prestito da realtà culturali e sociali lontane e abusate che faticano poi a portare avanti tra l'indifferenza o la superficialità generale (e in tal caso non a torto...) e ci sono band come gli irpini La Janara che nutrendosi delle suggestioni e delle visioni della loro terra natia in brevissimo tempo consegnano ai posteri un (omonimo) debut album ricco di passione, convinzione e soprattutto personalità.
Perché si sente lontano un miglio che la loro musica proviene da un coinvolgimento viscerale, dalla passione e anche da un vissuto unico e irripetibile come dovrebbe essere alla base di qualsiasi parto artistico...
Intanto il quartetto della provincia di Avellino (dopo essersi aggiudicato il Lioni Music Festival a furor di popolo) ci presenta un lotto di brani (arricchiti da un intro e un outro acustici) che pescano dalla tradizione Hard/Blues e dal Metal Classico per narrare in forma musicale le storie, a volte gotiche, a volte profondamente vere (e quindi ancora più spaventose...) del folclore e della realtà locale con un occhio particolare per la critica sociale e per le brutture dell'uomo comune.
Molto espressivi e drammatici i vocalizzi della “frontwoman” La Janara che con la sua timbrica unica e profonda risulta essere l'arma vincente della Janara nel delineare panorami sonori in perenne contrasto tra luce e tenebre.
Il resto viene affidato all'ispiratissimo chitarrista Il Boia che costruisce riff incisivi ed epici e a una sezione ritmica di tutto rispetto e credetemi di questi tempi non è un dettaglio così scontato. Personalmente ho apprezzato molto i brani più diretti e veloci come “Le Janare”, “Colpa Nostra” e “Menandra” che riescono a trascinare l'ascoltatore con la loro struttura compatta e un “rifferama” tagliente ma la band ha uno spettro sonoro davvero ampio che tocca anche Doom, Folk e Rock tipicamente italiano.
Insomma se cercate un disco che trasudi, come già detto, convinzione e coinvolgimento (prima dei musicisti che poi si irradia anche agli ascoltatori) allora non perdetevi questo disco anche perché è stampato in edizione limitata con una copertina che si ispira al concept “stregonesco” del loro paese. Non paghi di questo abbiamo anche intervistato in esclusiva per IL MONDO DI EDU, La Janara (Voce e Chitarra) e il Boia (chitarra).
Buona lettura!

Ho apprezzato molto il vostro album di debutto. Mi ha ricordato come veniva composto e suonato certo metal in passato: meno ricerca della perfezione artificiosa, di suoni iper abusati e più passione, coinvolgimento e personalità. Da dove nasce questo vostro unico indirizzo artistico?

(Il Boia): Grazie per il complimento. In realtà, pur volendo, una ricerca del suono più approfondita ed una maggiore perfezione nella produzione non sarebbero state facili da raggiungere, dato che queste canzoni sono le prime cose in assoluto che ognuno di noi quattro abbia mai registrato nella propria vita, e siamo già molto soddisfatti dei risultati. Nemmeno a farlo apposta, anche il nostro amico Benedetto Cagnetta, che ha prodotto e registrato il disco, era al suo primo lavoro in studio, quindi abbiamo potuto sperimentare in libertà, e decidere senza alcuna pressione o limite circa l’impronta da conferire alle nostre canzoni. Questo indirizzo artistico nasce da tre cose: l’amore per l’heavy metal e l’hard rock, quello più ancorato al blues, l’amore per la musica prog e cantautorale italiana, (Lucio Battisti, De André, New Trolls, PFM, Biglietto per L’inferno) e l’amore incondizionato per la nostra terra, l’Irpinia, e i suoi misteri e leggende che tentiamo di trasporre in musica in maniera personale e originale.

La vostra band ha vita breve. Mi potresti delineare i fatti che hanno portato alla creazione del progetto La Janara e i vostri intenti primari? 

(La Janara): La Janara nasce con intenzioni precise: volevamo sperimentare un nuovo tipo di metal che fosse legato alla nostra terra, da qui la volontà di comporre testi in italiano e che affrontassero tematiche legate al folklore locale, concentrandoci su quelle creature affascinanti e misteriose che hanno dato il nome alla nostra band.

Mi sembra di capire che siete tutti originari dell'Irpinia, una terra che conosco ancora poco musicalmente. C'è una scena agguerrita dalle vostre parti? E se sì vi sentite parte di questa scena o vi considerate degli outsider?

(Il Boia): Considero l’Irpinia una terra piuttosto vivace dal punto di vista musicale. Essendo una zona che non offre molto, sono tanti i ragazzini che cominciano a suonare e formare in continuazione gruppi. Naturalmente ci sono tanti altri gruppi stabili, come i nostri amici Oniria, band in cui suona anche il nostro batterista Stefano.


Mi piacerebbe conoscere i retroscena che hanno portato alla pubblicazione del vostro album di debutto omonimo. E' nato prima il concept dedicato alle streghe che in passato abitavano le vostre zone o prima le musiche? 

(Il Boia): Siamo stati io e Raffaella a pensare di formare un gruppo musicale che parlasse di streghe, che affondasse le radici nella nostra terra ma con i rami ben puntati verso le vibrazioni elettriche di Black Sabbath, New Trolls, Cream e tanti altri. Mentre ci informavamo su certi argomenti, e visitavamo luoghi più o meno dimenticati delle nostre terre, alcune musiche erano già pronte, quindi ci è venuto naturale, in quel momento, scrivere testi così particolari. Le canzoni del primo disco, però, sono ancora abbastanza slegate le une dalle altre dal punto vista concettuale, sono ancora degli esperimenti, per quanto mi riguarda, lirici e musicali; una sorta di test per verificare se la formula funziona, e pare che molti l’abbiano apprezzata. A proposito, la canzone ‘Menandra’ è dedicata ad una strega così chiamata, che pare abitasse a Grottaminarda (il nostro paese d’origine) qualche secolo fa. Ho sempre pensato che il metal italiano abbia ben salde radici nelle storie, nei miti e nelle leggende locali e per questo sia un unicum nel panorama internazionale.

La Janara segue la via indicata da The Black, Paul Chain e molti altri e guarda alla sua terra come musa ispiratrice e libro denso di storie da raccontare e musicare? 

(Il Boia) Hai centrato il punto, nominando alcuni dei gruppi musicali che apprezzo di più in assoluto. D’altronde, come potrebbe essere altrimenti? In Italia certe leggende, e con esse talune credenze popolari, affondano le proprie radici in una cultura che definire centenaria è riduttivo, si parla infatti di millenni di storia i cui stralci, talvolta, sopravvivono ancora in qualche modo (si pensi ai culti egizi che sopravvivono in maniera strisciante nell’iconografia cristiana, come le madonne nere, dirette discendenti di Iside, che osservano le navate di moltissime chiese nostrane, come la Madonna nera di Carpignano nel cuore dell’Irpinia). Il termine ‘janara’, infatti, deriva probabilmente da Diana, dea romana della caccia (sarebbe un’evoluzione di ‘dianara’, cioè seguace della Dea), oppure da ‘ianua’ che in latino vuol dire ‘porta’, volendo indicare un tramite, quindi, fra una dimensione spirituale ed una fisica. Culti pagani, leggende e storie del passato, sopravvivono nella cultura popolare in maniera prepotente, finanche nelle superstizioni e nei racconti delle nonne, ultime antiche custodi dei segreti contadini, ma rischiano di andare perduti per sempre se qualcuno non li tramanda ai posteri. Noi, dal canto nostro, cerchiamo di musicare una nostra interpretazione di questo mondo antico con un certo tipo di sonorità, che per loro natura ben si sposano con certi argomenti, ancora, però, poco sviluppati nel nostro primo lavoro.


La Janara è una band "live"? E soprattutto riuscite a suonare dal vivo in una regione da sempre problematica come la Campania? 

(La Janara): Finora abbiamo suonato live solo tre volte. Purtroppo la nostra è una regione musicalmente chiusa, dove il metal non riesce ad emergere e a farsi spazio. Fondamentalmente siamo noi band a dover cercare date in locali che diano spazio alla musica, e festival da organizzare dove poter suonare tutti insieme.

Ha senso ancora parlare di Underground nel 2015? Oppure come dicono tanti è morto e sepolto alla fine degli anni '90? 

(Il Boia): Come dici nel tuo libro Sub Terra, che ho letto e consultato più volte con avidità, l’underground alla fine degli anni ’90 ha avuto una battuta di arresto, è praticamente morto, o meglio, è morta la sua vecchia incarnazione. Oggi esiste internet, chiunque può registrare un album in casa e diffondere la propria musica online in qualsiasi momento, direi che esiste una diversa dimensione dell’underground più largamente diffusa, o meglio, un appiattimento generale dove i gruppi emergenti possono avere la stessa visibilità, o quasi, di gruppi un po’ più famosi. Non c’è più quell’underground di cui ho sentito parlare in Sub Terra, in ogni caso, e che non ho vissuto in prima persona, dato che sono nato nel ’90.

E sopratutto La Janara è una band fieramente "underground" o cerca un riconoscimento più vasto che sia nazionale o internazionale?

(Il Boia): Per adesso ci muoviamo nell’ombra, fieramente, questo è certo! Il riconoscimento, quello vero, può venire solo dopo aver pubblicato musica di qualità, e noi siamo già al lavoro!

La vostra band è alla ricerca di un contratto discografico? Oppure ormai il supporto di una etichetta è sopravvalutato e si possono trovare canali alternativi di promozione attraverso l'autopubblicazione come avete fatto voi? 

(Il Boia): Siamo alla ricerca di una casa discografica che non sia un mero sponsor incollato sulla copertina del CD. Siamo alla ricerca di qualcuno che ci accompagni in questa avventura musicale come facevano le case discografiche un tempo, e, soprattutto, qualcuno che non ci chieda dei soldi. Solo uno di noi ha un lavoro stabile: io, Stefano (il batterista) e Raffaella (la cantante), invece, siamo ancora degli studenti, e finanziamo, registriamo e produciamo da soli la nostra musica. Fin quando non troveremo una squadra del genere, stiamo bene da soli, anche perché non ci interessa guadagnare con la musica, creerebbe troppe aspettative e non saremmo liberi dal punto di vista artistico. Quello che ci interessa, piuttosto, è non rimetterci altri soldi in più oltre a quelli che già abbiamo speso e spendiamo per registrare e per andare in giro a suonare.

Siete un ottimo ibrido tra vecchio metal, doom, blues e rock italiano. 
Saranno sempre queste le vostre coordinate musicali o ci sarà spazio per ulteriori sorprese stilistiche in futuro? 

(La Janara): Siamo quattro musicisti molto diversi, ognuno con le proprie preferenze musicali. Tutto questo si ripercuote e influenza la nostra musica: mescoliamo idee e stili diversi e ci capita spesso di sperimentare nuove sonorità. Credo che questo sia un fattore positivo perché permette alla musica di crescere e di svilupparsi e non focalizzarsi su un genere preciso.

Per finire domanda classica: progetti futuri per La Janara? Un nuovo album è previsto in tempi brevi?

(La Janara): Dopo l’uscita del primo album non ci siamo fermati e ci siamo messi subito al lavoro. Abbiamo tante idee da sviluppare e soprattutto abbiamo intenzione di creare qualcosa di meno spontaneo e più studiato e ponderato, ma che sia in qualche modo legato al concept iniziale e che sia caratterizzato dal nostro marchio di fabbrica.